Il Tribunale di Milano (sezione 2 Giudice Dr. D’Aquino), analogamente al Tribunale di Cassino (Sentenza 8 gennaio 2009) ed al Tribunale di Genova (Sentenza del 18 febbraio 2015 ), nella sentenza del 10 marzo 2017 emessa a definizione di un giudizio promosso da una Banca, ha ritenuto di poter considerare come revocabile ex art. 2901 cc l’atto di conferimento in un trust di alcuni beni immobili compiuto dal debitore non in quanto contrario alla legge (infatti il trust era stato creato per soddisfare i bisogni della famiglia), ma solamente in quanto la funzione negoziale dell’atto oggetto di revocatoria era quella di segregare una consistente porzione patrimoniale del disponente quale atto di liberalità di tutela del patrimonio a favore di beneficiari, per cui esso, secondo il Tribunale, andava: “ assimilato ad un vincolo di destinazione a favore di determinati soggetti, accomunato, pertanto, alla gratuità delle attribuzioni liberali “ (così anche Cass. Sez. 6/V , Ord. 24 febbraio 2015, n. 3735).
Inoltre il Giudicante non ha ritenuto necessario dimostrare la sussistenza del consilium fraudis in capo la trustee trattandosi di atto a titolo gratuito; infatti la “ natura gratuita emerge dal fatto che lo scopo del trust è quello di mantenere il tenore di vita dei beneficiari attribuendo ai beneficiari del trust la proprietà di tutto quanto si trova nel trust”.
Nel corso del giudizio, la Banca attrice aveva, infatti, sostenuto e dimostrato il pregresso (rispetto all’atto di conferimento) credito della medesima nei confronti del settlor .
Per quanto concerne la prova dell’eventus damni, la stessa doveva intendersi raggiunta, essendo pacifica e dimostrata l’esistenza del trasferimento immobiliare, circostanza di per sé sola idonea a causare il sostanziale azzeramento della garanzia patrimoniale del debitore.
Per quanto concerne il requisito, invece, del consilium fraudis (ossia, come noto, la disposizione psicologica dell’autore dell’atto che si intende revocare) si sosteneva che l’atto di conferimenti era volto a sottrarre capziosamente beni che sarebbero destinati alla tutela del ceto creditorio.
Nell’ipotesi in cui il credito sia anteriore all’atto dispositivo la norma richiede in capo al debitore la semplice conoscenza/consapevolezza del danno arrecato e non il più stringente requisito della dolosa preordinazione al fine di pregiudicare il soddisfacimento del creditore.
Nel corso di causa era stato dimostrato che l’atto con cui gli immobili de qua venivano conferiti in trust (con l’evidente scopo di ottenerne la segregazione) era stato posto in essere dal debitore immediatamente dopo la richiesta da parte della Banca dell’immediato pagamento del debito maturato e solo tre mesi prima che la Banca ottenesse un decreto ingiuntivo con cui veniva ingiunto l’immediato pagamento del debito.
Pertanto, vista la posteriorità dell’atto dispositivo di cui si chiedeva la revoca rispetto al sorgere del credito della Banca, si sosteneva che sarebbe stato sufficiente che nel debitore vi sia stata la mera coscienza delle conseguenze dannose del proprio atto dispositivo.
Infine, per quanto concerneva la scientia damni, la norma, solo per l’ipotesi in cui l’atto di cui si chiede la revoca sia a titolo oneroso, richiede anche in capo al terzo la consapevolezza del pregiudizio o nel caso di anteriorità dell’atto rispetto al sorgere del credito, la dolosa preordinazione alla lesione delle ragioni creditorie.
Nel caso di specie era, invece, pacifico che l’atto posto in essere dal debitore fosse stato a titolo gratuito.
Era, infatti, lo stesso atto istitutivo del trust a qualificarlo come gratuito dichiarando espressamente che per il “presente trasferimento non è stato previsto alcun corrispettivo”.
Veniva sostenuto in corso di causa che la natura gratuita dell’atto non era, pertanto, in dubbio, di talché non era necessario dar prova di alcuno stato soggettivo in capo ai terzi perché il requisito della scientia damni richiesto dalla norma fosse integrato.
Tuttavia, anche a voler ritenere necessaria la prova della scientia damni in capo ai terzi beneficiari la stessa era stata raggiunta.
Infatti, la Banca sosteneva che la prova di tale consapevolezza poteva anche essere ricavata per il tramite di presunzioni semplici (Cass. Civ. Sez. III, 4077/96) di cui la giurisprudenza di legittimità ha, negli anni, provveduto a tipizzare le ipotesi più ricorrenti.
Nel caso di specie la prova era lampante e discendeva dagli stretti rapporti di familiarità e lavorativi fra i soggetti coinvolti nell’atto dispositivo e dal ruolo ricoperto dagli stessi all’interno, o a favore, di quella che si può considerare un impresa familiare.
I beneficiari dell’atto non potevano, infatti, che essere pienamente consapevoli della situazione debitoria per cui era causa.
Sulla base di queste considerazioni il Tribunale accoglieva la domanda di revocatoria dell’atto di conferimento in un trust dei beni immobili.